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Marrakech, la rossa

  • testo di Lorenzo Mazzoni
  • 2 set 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Il primo nome della città è stato Marroukech ("vai di fretta") e la sua storia è iniziata alla fine del secolo X, intorno al piccolo nucleo della Medina, Il fondatore di quella che nei secoli diventerà la più importante città del sud del Marocco, è stato Yūsuf ibn Tāshfīn, il conquistatore almoravide del Marocco e della Spagna cristiana.

Marrakech, durante la dinastia almohade, è stata la città più importante dell'occidente musulmano, capitale dell'impero del Magreb e Al-Andalus, la “Perla del Sud”. La città Rossa. Perché tutto a Marrakech è rosso. Le sue strade sono rosse. La sua polvere è rossa. Rossa è l'alba. Rosso il tardo pomeriggio.

Metropoli regionale popolata da berberi Chleu, sahariani negri, tribù Rehamma, popolazioni del Dra e discendenti dei Mori andalusi. In Rue El Ksour c'è un internet café: computer vecchi e impolverati appoggiati su tavoli traballanti. L'obeso proprietario vende acqua, carta igienica, cartoline ingiallite.

Dirimpetto all'esotico internet café c'è la macelleria, patria delle mosche di tutto l'Alto Atlante. La carne dissanguata strabocca dalle ceste di plastica. La moschea Kutubiya è sovrastata dall’imponente minareto. Davanti a un muro secolare riposano le cinque donne del commercio al dettaglio.

Piazza Jemaa el Fna. L'enorme carosello della vita. Del caos. Seduti su una terrazza, mentre le luci intorno agli ambulanti si illuminano. Salgono gli aromi, le grida, gli inviti a mangiare del pesce o a bersi un'aranciata. Dall'alto la piazza si presenta come un'infernale girone dei golosi. Il luogo più vivo della rossa Marakech significa 'assemblea dei morti' perchè un tempo vi esponevano le teste dei condannati.

Acrobati, cantastorie, comici, perdigiorno, incantatori di serpenti, maghi, musicisti, cavadenti, ristoratori ambulanti, danzatori Gnoaua originari delle oasi del sud animano questo largo spiazzo, creano un festival permanente di tradizione orale, un gigantesco bazar di berberi, sahariani e popoli dell'Africa nera.

Marrakech, città intrisa di magia. Magici i suoi muri di terra riflessi di ruggine, di arancione, di rosa antico. Magiche le sue imponenti mura di argilla battuta, le sue duecento torri quadrate. Magica e palpabile la sua vasta medina. I souk.

Marrakech, borgata dedita agli scambi. Crocevia fra il nord e il sud. Vassoi di rame, coperte, articoli di cuoio, armi arrugginite, monili, tappeti berberi chichaoua dal fondo rosso o ouaouzguit con ricchi ornamenti di motivi geometrici multicolori. L'ambra grezza con il suo prezioso profumo, l'erba per curare il raffreddore, ali di corvo, pasta lunare, gomma arabica, scorpioni, scorza di noce per massaggiare e fortificare le gengive, sapone nero, erbe d'amore. Recipienti per le tajines in terracotta, i panieri per la separazione del cuscus, alambicchi per distillare l'acqua di rose e i fiori d'arancio, ceste appuntite per conservare il pane, spiedini d'argento. Il Ras el hanout, la testa della bottega. Potente stimolante legato al numero magico tredici. Tredici sono le spezie che lo compongono. Pepe lungo, pepe nero, pepe di Guinea, cardamomo, macis, cantartide, noce moscata, curcuma, zenzero grigio, zenzero bianco, frutto di frassino, bacche di belladonna e cumino. Nei souk di Marrakech si sussurra che l'hascisc potrebbe sostituire la curcuma.

Marrakech, città dove tutto sembra immutabile. Il tempo corre sotto le nostre parole. Camaleonti, henné, Ibn Battuta, spezie, sceriffi e venditori d'acqua. Parliamo veramente di tutto nei giorni che sembrano non finire mai e che si concludono in un soffio.

Marrakech. Siamo ancora qui. Un sorso lento di tè alla mente. Il giorno sta per morire. Si accendono i fuochi. Piazza Jemma el Fna si riempie.


 
 
 

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